TRA MASCHERE E VOLTI DI CORRIDOIO

Gli Ospiti di Villa San Giuseppe entrano in scena

Performance video-teatrale degli utenti del Reparto Srp3

Nel corso dell’ultimo anno, il Reparto Srp3 della Casa di Cura San Giuseppe, ha realizzato un percorso riabilitativo strutturando un laboratorio di teatro rivolto ai pazienti del reparto. Per la realizzazione di tale progetto, inizialmente avviato dal tecnico della Riabilitazione Psichiatrica Dott.ssa Jessica Marini, successivamente affiancata dall’ educatore professionale Dott.ssa Emanuela Luzi, è stato individuato un gruppo di 9/10 utenti, con età media compresa fra 45/65 anni, affetti da patologie psichiatriche di grado moderato e grave. Con gli stessi si sono tenuti degli incontri con cadenza mono-settimanale. Nel corso degli incontri della durata di circa due ore si sono sviluppati attraverso delle specifiche tecniche dei percorsi capaci di mettere in gioco i “pazienti attori” cercando di migliorare la capacità di espressione, definire una maggiore coscienza di sè, attraverso la consapevolezza del gesto, del movimento, del suono, della voce e della narrazione. Palese è stata l’efficacia nella riduzione dello stigma

Organizzazione del lavoro

1° FASE: esercizi propedeutici finalizzati a prendere confidenza con il teatro e con lo spazio scenico; lavoro sulle capacità espressive del corpo e della voce; percezione dello spazio; linguaggi non verbali: musica, danza, maschere. Introduzione alle tecniche dell’improvvisazione: improvvisazioni personali e di gruppo partendo dalle tematiche individuate.
2°FASE: incentrata sull’assemblaggio delle varie esperienze; individuazione dei ruoli rispetto alle attitudini personali di ognuno; definizione dei ruoli lavorando sul personaggio; ripetizione e memorizzazione; assemblaggio delle scene.
3°FASE: allestimento e messa in scena dello spettacolo con registrazione delle scene

Obiettivi

– Aiutare i partecipanti a esprimersi utilizzando molteplici linguaggi: espressione verbale, mimica, corporea, facilitando lo scambio tra il proprio mondo interno e la corazza corporea che lo contiene.
– Togliere le etichette e ridurre lo stigma, restituire individualità al paziente, creare quel tessuto di empatia, culturale e poetica, che permette di sentire il rapporto con chi riteniamo diverso da noi come momento di incontro e di riconoscimento.
– Crescere insieme al gruppo, imparare a conoscere meglio se stessi e le proprie risorse, acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità espressive e comunicative, verbali e mimico-gestuali.

Conclusioni

Da una profonda riflessione sulle possibili dinamiche verificatesi all’interno dei laboratori è emerso come il lavoro con gli utenti non si sia mai configurato come “uno stare a guardare ma come un “vivere con”, condizione questa verificatasi grazie ad una implicazione emotiva ed essenziale del tecnico e dell’educatore che non sono mai fermati alla descrizione del comportamento dell’utente, ma hanno sempre voluto comprenderne l’intenzionalità, la motivazione del mondo sottesa. Assumendo questa particolare posizione gli operatori di riferimento, sostenuti dall’intera equipe del reparto SRP3, hanno  svolto un ruolo chiave nel processo riabilitativo e rieducativo: In questa dimensione il tecnico e l’educatore professionale sono diventati  quindi strumento educativo e luogo di esperienza: utilizzando le proprie esperienze esistenziali e professionali mettendo  a disposizione sentimenti, pensieri, e azioni utili da un lato a comprendere la visione del mondo degli utenti, dall’altro ad aprire quei campi di esperienza che possono rappresentare per i pazienti occasioni preziose per ripensare non solo il rapporto con i propri cari, con l’autorità, ma più in generale il rapporto con gli altri.  Nasce quindi l’esigenza di verificare la qualità della “presenza” del tecnico/educatore nelle esperienze riabilitative. Il processo ri-abilitativo infatti, se vuole essere tale richiede una presenza autentica di chi opera e, nel rapporto con l’utente questo aspetto rappresenta un elemento cardine per governare quelle dinamiche affettive attraverso cui si riesce a suscitare/alimentare quell’eros pedagogico che può accendere nell’altro il desiderio di implicarsi a sua volta nelle situazioni preposte.